Il terreno sabbioso su cui viene coltivato il Cacchione incide profondamente sul suo carattere e sulla sua storia. E’ grazie a questo tipo di suolo, infatti, che questo vitigno è sopravvissuto all’attacco della fillossera, che devastò le coltivazioni europee nel 1800.
Un legame indissolubile
Il rapporto tra un vino ed il terreno in cui è coltivato il relativo vitigno è fondamentale. La struttura del suolo, le sostanze nutritive che contiene, la sua maggiore o minore capacità di assorbire l’acqua sono solo alcune delle caratteristiche che inevitabilmente si rispecchiano nel prodotto finale. Attraverso le radici, l’uva raccoglie tutti gli elementi che andranno a comporre le specificità organolettiche del vino. Ne consegue che non tutte le viti possono essere coltivate in tutti i terreni e che una stessa pianta, utilizzata su suoli diversi, può dare risultati anche molto differenti.
Radici nella sabbia
Il terreno in cui viene coltivato il Cacchione è di tipo sabbioso. Si definisce così un suolo composto per circa il 60% di sabbia; un tipo di terreno che si presta bene alla viticoltura, per via delle sostanze che contiene e soprattutto per la sua elevata capacità di drenaggio dell’acqua. Quest’ultimo elemento, in particolare, mantiene più facilmente asciutte le radici e costringe la vite a spingerle in profondità, alla ricerca di nutrimento, con una ricaduta positiva sul frutto prodotto.
La lotta contro la fillossera
C’è stato un momento storico in cui l’essere legato ad un terreno sabbioso ha permesso al Cacchione di vincere una battaglia decisiva: quella contro la fillossera. Nella seconda metà dell’800, questo parassita proveniente dal Nord America devastò la viticoltura europea. Per salvare i vitigni, molti produttori si videro costretti ad innestarli su ceppi di vite americana. Il Cacchione, invece, resistette proprio grazie al suo terreno sabbioso; non ebbe bisogno di innesto e perciò conservò un carattere tradizionale che ancora oggi è custodito da “Cantina Bacco”, attraverso la coltivazione ”a piede franco”.