Un grande classico: i rigatoni con la pajata
Fra gli scarti del cosiddetto quinto quarto, subito dopo la coda c’è la pajata, che ha come ingrediente fondamentale l’intestino (di vitello o di agnello). La pajata è uno dei piatti più rappresentativi della cucina romana e nel corso dei secoli si è trasformata anche in pietanza gourmet. I rigatoni con la pajata erano il cibo prediletto dagli scortichini (o vaccinari), ovvero i lavoratori degli antichi mattatoi di Roma (soprattutto quello di Testaccio). A fine giornata, come ricompensa per il loro operato, ricevevano gli scarti delle carni macellate e passavano dalle osterie per farsi cucinare “qualcosa” che potesse sfamare le loro famiglie, spesso molto numerose. Fu così che da questi “scarti” iniziarono a nascere i piatti più significativi della cucina romana come la coda alla vaccinara, la trippa alla romana e appunto la pajata. Con il termine pagliata (in romanesco è pajata) si identifica il secondo tratto dell’intestino tenue del vitello da latte o del bue denominato anche “digiuno”.
L’intestino viene lavato accuratamente e non viene separato dal chilo, il liquido raccolto durante l’assordimento intestinale che spesso viene cucinato assieme al pomodoro. Questa è la ricetta classica della pajata, che il più delle volte viene cotta nel sugo e “riversata” in un abbondante piatto di rigatoni. Claudio Scintu, chef e proprietario dell’Osteria La Sol Fa, propone la ricetta originale con una particolare attenzione alla consistenza del pomodoro.
- Prendere la pajata fresca, pulita e legata
- Rosolare in padella a fondo alto con olio, sale, cipolla fresca tagliata fine e sfumare con vino bianco
- Ricoprire il tutto con pomodori pelati frullati
- Aggiungere peperoncino, sale e zucchero per attenuare l’acidità del pomodoro
- Una volta raggiunta l’ebollizione, cuocere a fiamma bassa per 2 ore
- Togliere il coperchio e alzare la fiamma
- Cucinare i rigatoni e una volta al dente, mantecarli con il sugo della pajata e una spolverata di pecorino romano coccia nera
- Impiattare i rigatoni, mettere 2-3 nodini e aggiungere pecorino “a crudo”
I rigatoni con la pajata sono pronti, non rimane che assaporarli assieme a un bel bicchiere di Pantastico, un vino avvolgente, equilibrato e fresco che esalta la rusticità del piatto.
Il Cacchione Pantastico è il fiore all’occhiello di Cantina Bacco per la sua coltivazione a “piede franco”: il vitigno viene innestato direttamente nel terreno senza il filtro della barbatella americana e il risultato che ne deriva è un prodotto dal gusto autentico, selvaggio e inconfondibile. Il sapore deciso dei rigatoni con la pajata si sposa perfettamente con le proprietà organolettiche di questo vino, pregiata varietà locale di uno dei vitigni più antichi d’Italia.
Il periodo buio della Pajata
La Pajata è un piatto che profuma di leggenda e come tutte le leggende, conserva anche il fascino del proibito. Per quattordici anni infatti (2001-2015) la pajata è stata vietata a causa delle restrizioni sanitarie adottate per contrastare l’emergenza mucca pazza. La Coldiretti, durante quel periodo, si è battuta alacremente per contrastare il regolamento ferreo dell’Unione Europea che in una prima fase ha concesso la commercializzazione dell’intestino di vitello a patto che fosse pulito, svuotato e sbiancato e solo dopo ha consentito la vendita dell’intestino tenue completo anche del contenuto (chimo).