Coda alla vaccinara ricetta

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La coda alla vaccinara: la regina della cucina romana:

Uno dei piatti più succulenti della tradizione culinaria romana è la coda alla vaccinara, un piatto che affonda le sue radici nel rione Regola (a due passi da Campo De’ Fiori e Palazzo Farnese) dove abitavano i vaccinari, gli addetti alla macellazione dei bovini. La coda è considerata “la regina del quinto quarto”, ovvero di quel che rimane della bestia dopo la vendita delle altre parti: di questa sezione fanno parte anche la trippa, la pajata, il cuore, la milza e tutte le frattaglie. Esistono diverse rivisitazioni della coda alla vaccinara e Claudio Scintu, chef e proprietario dell’Osteria La Sol Fa propone la versione tradizionale che prevede la coda tagliata a tocchi e la cottura nel sugo.

  • Tagliare la coda di vitelloni in rocchetti seguendo la linea della vertebra
  • Rosolare in casseruola dal fondo alto con olio, sale, cipolla tagliata fine e sedano
  • Appena la carne si chiude, sfumare con vino rosso
  • Coprire con pomodori pelati senza frullarli in modo che assorbano i sapori della carne
  • Aggiungere sale, peperoncino e zucchero
  • Una volta ottenuto il sugo, mettere il coperchio e abbassare la fiamma
  • Cuocere a fiamma bassa per almeno 3-4 ore
  • Togliere il coperchio, alzare la fiamma e far evaporare la parte acquosa
  • Impiattare con abbondante sugo per la scarpetta

Il piatto è pronto per essere degustato, non resta che abbinarlo a uno dei grandi rossi di Cantina Bacco, lo Scoglio d’Orlando Rosso: un vino corposo e profumato che si lega benissimo ai sapori decisi del piatto.

La coda alla vaccinara è un piatto succulento, ricco e saporito che si sposa perfettamente con la fragranza dello Scoglio d’Orlando Rosso di Cantina Bacco, un sapiente ed equilibrato blend di uve merlot, cesanese e montepulciano. Di colore rosso rubino, rilascia sentori di frutti di bosco e tannini dolci. Anche se la gradazione alcolica è piuttosto elevata (13,5°), la sua persistenza al palato è delicata e piacevole e va a bilanciare il sapore rustico e consistente della coda alla vaccinara.

La storia della coda alla vaccinara

Raccontare la storia della coda alla vaccinara significa immergersi nella storia di Roma e dei suoi mattatoi: i vaccinari (detti anche scortichini) infatti erano gli addetti a svolgere uno dei lavori più faticosi: scuoiare, scorticare e macellare le carcasse degli animali. Come ricompensa ottenevano le parti meno pregiate delle bestie, il cosiddetto quinto quarto (organi interni, testa, coda, lingua e zampe). Naturalmente la dicitura quinto quarto è un assurdo matematico e va a indicare proprio gli scarti degli animali che venivano “regalati” allo strato più basso della società.

Questi scarti finivano sulle tavole dei quartieri più poveri di Roma, dove mancavano i soldi ma non la passione per la cucina. Della coda alla vaccinara, esistono due ricette principali: la prima è quella di Ada Boni, che nel suo libro La cucina romana del 1929 propone un primo piatto con il brodo ottenuto dalla coda lessata e un secondo con la carne vera e propria. La versione più succulenta prevede l’inserimento di cacao amaro, pinoli e uva passa. La coda alla vaccinara può essere preparata con la coda di bue o in alternativa con la coda di vitello, che rimane più tenera e richiede un minor tempo di cottura.

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